Horiki Katsutomi | ANATOMIA DELL'INQUIETUDINE
Dal 20/02/2017 Al 07/05/2017“Saccheggiando” la sintassi dei due capolavori di Bruce Chatwin e Fernando Pessoa, nasce il titolo della mostra personale dell’artista giapponese Horiki Katsutomi (Tokio, 1929), con lavori del ciclo di opere dedicato ad Ulisse e all’Odissea.
Naturale pensare al mitico personaggio oggetto della ricerca artistica di Horiki, nell’interpretazione dantesca per esempio, esplicitata attraverso una sete di conoscenza sfrenata, il viaggio come metafora di conoscenza e superamento del sé, dimensione avventurosa e conturbante. L’esilio foscoliano. L’irrequietezza di Bruce Chatwin, sulla strada. L’inquietudine di Fernando Pessoa (alias Bernardo Soares), quella della vita quotidiana.
Ma ai nostri giorni questi temi hanno assunto connotazioni ben diverse e ne sono diventati lo specchio di migrazioni ed esili ben diversi da quelli danteschi e foscoliani. L’espulsione (o auto-espulsione) è dai regimi dittatoriali, tra i più conosciuti quello cinese di Ai Weiwei; il mare non è più solo metafora di conoscenza così come non lo è la barca che lo attraversa. Lo straniero sulla spiaggia evoca quello di Camus, ma non si limita ad una speculazione intellettuale.
Ed è per questo che il lavoro di Katsutomi è il risultato di una narrazione infinita e atemporale m anche concreta e contemporanea. È un esule, dal Giappone che lascia nel 1969 per arrivare in Europa. Come scrive Gaspare Luigi Marcone: “In realtà è la figura dell’artista in senso assoluto a diventare Ulisse, personaggio che vive per la conoscenza. Il maestro nipponico ha dipinto molte varianti di Ulisse con colori e formati diversi, ma con una costante simbolica: l’eroe si trasforma nello strumento del suo viaggio. Nella parte alta della tela appare una larga striscia pulviscolare, quasi una cometa che viaggia nel cosmo, una striscia che simboleggia la chiglia di una nave. Una striscia “astratta”, nell’etimologia latina del termine (abstraho, “prelevo”, “estraggo”), che sintetizza l’oggetto fisico, la nave, con un gesto pittorico essenziale”.
O ancora, Katsutomi si avvicina alla contemporaneità nipponica di Murakami Haruki; come per L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, romanzo in cui il protagonista deve scoprire chi è veramente Tazaki Tsukuru ed il pellegrinaggio è verso la sua città natale (quindi un ritorno), ma soprattutto in cerca di spiegazioni agli enigmi non risolti nella sua vita.
Le tele di Horiki dedicate all’eroe omerico sono di diversi colori e dimensioni ed è una pittura che fluisce, delicata ma con l’incedere deciso del samurai.
In una selezione di carte degli anni ’70, Katsutomi utilizza carta ed inchiostro per creare delle false impronte digitali; non desidera burlarsi di Piero Manzoni ma mettere in discussione l’idea stessa di identità e di memoria.
La mostra si compone di una decina di lavori su tela ed alcune carte realizzate negli anni ’70; l’esposizione dei lavori su carta sarà anche l’occasione per aprire al pubblico un nuovo spazio della galleria De Chirico, sempre nell’interno cortile di via della Rocca, 19 che (ad eccezione della mostra di Katsutomi), sarà la project room dedicata ad artisti emergenti.