Il corpo in questione. Forme, collassi, mutamenti. | Claudia Virginia Vitari







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Il corpo in questione. Forme, collassi, mutamenti. | Claudia Virginia Vitari

News Arte Torino

16/01/2015
“Il corpo in questione. Forme, collassi e mutamenti” di Claudia Virginia Vitari e' una mostra personale inserita nella rassegna Katastrofe'. La crisi e le sue forme, ciclo espositivo curato da Roberto Mastroianni e prodotto da studiodieci citygallery di Vercelli, che intende indagare il nesso “crisi-trasformazione” nell'evoluzione delle forme e dei fenomeni naturali, sociali e politici.
Attraverso sette personali, quattro bi-personali e una collettiva, gli artisti selezionati sono chiamati a confrontare la loro poetica con la “teoria delle catastrofi” di Rene' Thom: una teoria matematico-filosofica, che spiega il mutamento e l'evolversi dei fenomeni naturali e sociali, considerati come un insieme di equilibri dinamici, che acquistano forma e stabilita', attraverso cambi repentini di stato, percepiti e descrivibili come “eventi catastrofici”.

Il settimo appuntamento della rassegna e' una personale che, attraverso l’esposizione di sculture, disegni, video, installazioni e bozzetti, propone un percorso nel lavoro plastico e visuale di Claudia Virginia Vitari. Questa giovane artista torinese, dal forte profilo internazionale, indaga processi di morfogenesi sociale, culturale e politica, con particolare attenzione alle dinamiche di inclusione/esclusione, attraverso una ricerca scultoreo-installativa e grafico-visuale che fa dell’interazione tra disegno, scrittura e materiali (vetro, carta, gesso, ferro, in particolare) la cifra specifica della sua poetica. La mostra si presenta, sia come un percorso di carattere retrospettivo a partire dai cicli storici “Melancholie”, “Percorso Galera” (realizzati dopo una ricerca nell’ospedale psichiatrico di Halle an der Saale in Germania e nella Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino) e “Le citta' invisibili Nikosia” (tratto dall’esperienza nella realta' “non istituzionale” Radio Nikosia di Barcellona, le cui attivita' si ispirano all’ antipsichiatria di Basaglia), sia come una presentazione/anticipazione del futuro ciclo di opere sui migranti e richiedenti asilo, a partire da una ricerca in corso nel mondo dei rifugiati a Berlino. Attraverso la presentazione in mostra di una selezione di “cubi” e “teche”, appartenenti ai cicli sul carcere e il manicomio, di un video prodotto per un contesto museale spagnolo, 3 opere inedite su carta cinese di grandi dimensioni, i bozzetti preparatori del nuovo ciclo sui richiedenti asilo e installazioni site specific di disegni di piccole dimensioni, la mostra intende mette in evidenza il filo rosso della produzione dell’artista: la centralita' del corpo, la sua figurazione e la relazione tra rappresentazione, retoriche socio-politiche e pratiche disciplinanti. Nei lavori dell’artista il mutare dei corpi e della loro rappresentazione si accompagna alla scritturalità biografica dei soggetti rappresentati nel tentativo di congelare visivamente quelli che la nostra societa' potrebbe considerare “eventi catastrofici” ovvero il collasso della dimensione psichica, le migrazioni dovute al collasso di equilibri geopolitici oppure all’infrangersi dell’ordine sociale. Vi e' la consapevolezza, da parte della Vitari, che le dinamiche socio-politiche ed identitarie si basino su equilibri instabili e precari e che la loro rottura produca nuove condizioni e collocazioni socio-individuali spesso determinate dalle narrative che accompagnano i ruoli sociali e i canoni di vita buona e giusta. Per questi motivi le opere dell’artista mettono in scena una figurazione tesa a rendere ragione della “messa in forma dell’umano” da parte delle “istituzioni totali” e delle dinamiche di potere che pervadono la societa'. La corporeita' e la sua rappresentazione assumono pertanto il valore di dispositivi di senso e significazione atti a smascherare in modo poetico ed allusivo l’azione delle pratiche bio-politiche capaci di produrre forme di umanita' e disumanita' socialmente determinate, accettate e perseguite. Il corpo, in questa prospettiva, e' il luogo e il sostrato semiotico, in cui si manifestano le pratiche di disciplinamento antropo-politico, in cui si iscrivono criteri e canoni di vita giusta e di inclusione/esclusione promossi, veicolati e imposti dalle tassonomie socio-politiche e culturali. La rappresentazione dei “corpi individuali” diventa in questo modo specchio e figura dei “corpi sociali” in un processo bi-univoco tra singolarita' e generalita', che fa della deformazione o figurazione rappresentativa un elemento di indagine, critica e produzione artistica intorno ai “modelli” e alla “retoriche di umanita'”, che “mettono in forma” i nostri “corpi sociali”. Il disegno e la ricerca sui materiali si integrano pertanto con la resa scritturale dei “discorsi” tratti dalla letteratura scientifica, dall’epica o dalle testimonianze autobiografiche dei soggetti ritratti, articolando un dispositivo artistico capace di parlare di umanita' e disumanita' e dei canoni e criteri, attraverso cui questi due concetti vengono determinati, accettati e promossi. La morfogenesi sociale dell’umano viene resa visibile dalle pratiche di figurazione, attraverso le quali l’artista puo' rendere ragione della percezione del se' individuale e collettivo, in relazione alle istituzioni o alle norme sociali o al collasso psichico o alla condizione di esclusione e marginalita' sociale, di cui il migrante quanto il carcerato o il folle sono portatori. Le “istituzioni totali”, siano esse il carcere, il manicomio o i centri d’accoglienza, diventano, quindi, un campo di ricerca esemplare nel quale muovere analisi e pratica artistica, al fine di portare alla luce, le narrative, le costrizioni linguistiche e materiali messe in campo dalla societa', per organizzare in modo bio-politico se stessa. E' convinzione della Vitari che la costruzione dell’identita' risponda sempre a dinamiche di disciplinamento, a pratiche istituzionali, comunicative e simboliche che Foucault definirebbe “microfisiche del potere”, e che queste dinamiche diventino evidenti nei processi di esclusione/marginalizzazione operati dal discorso della reclusione, della medicalizzazione, della psichiatra o della gestione delle migrazioni e dei profughi. La rappresentazione diventa quindi lo strumento per materializzare l’equilibrio dinamico e sempre in mutamento, attraverso il quale le narrative antropologiche operano sui corpi degli umani collocandoli all’interno di catalogazioni socio-scientifiche dal valore politico. Il percorso espositivo mette, quindi, in scena porzioni di umanita' (i volti), che emergono dai “cubi” o dalle “carte cinesi”, come fossero orme, tracce, su cui sono serigrafate le storie individuali dei soggetti, o che dialogano con la scrittura sulle “vetrine”, dando forma ad affabulazioni figurali (scrittura, parola, ritratti) su cui sono impressi i testi di autori come Goffman, Kafka, Foucault o scritti epici o antichi come l’Epopea di Gilgamesh.
La logica della catalogazione socio-scientifica e normativo-politica viene quindi “ri-articolata” dall’artista, come direbbe Stuart Hall, in modo che gli stessi argomenti (le citazioni scientifiche, letterarie, le auto-narrazioni dei pazienti o dei carcerati, dei profughi...) legittimanti la marginalizzazione possano diventare elementi di una narrazione sull’individualita', e sul valore e la dignita' della persona. Attraverso le sue installazioni Claudia impone pertanto un nuovo “ordine del discorso”, che forza i margini delle pratiche istituzionali e rimette al centro dell’attenzione l’umanita' violata, ferita, restituendo parola e dignita' alla marginalita' che le “retoriche di verita'” tendono a presentare come pericolosa, non autosufficiente, criminale… La scelta dei materiali e la pratica della grafica figurativa e scritturale permettono all’artista di mettere in evidenza quei margini simbolici e fisici che separano inclusione ed esclusione: i cubi e le cornici in ferro delle vetrine diventano metafora dei vincoli posti dalle “istituzioni totali”; il vetro e la resina, materiali diafani e trasparenti, assumono il valore di una lente con cui meglio osservare l’umanita' marginalizzata e nello stesso tempo producono una distanza gelatinosa, che fa percepire le distanze sociali tra “normalita'” e “anormalita'” e il distacco culturalmente organizzato verso gli esclusi; mentre la serigrafia rende visibile la pratica disciplinante che i discorsi egemoni producono, imponendo “regimi di verita'” con cui legittimare l’esclusione e la marginalizzazione. Tutto questo lavoro si accompagna ad una leggerezza e ad una maestria del disegno, capace di donare un alone poeticamente fluttuante alle opere. L’artista riesce pertanto a dare vita ad opere dal forte impatto che integrano un lavoro sui corpi, prevalentemente sui volti, con un disegno dal tratto raffinato e leggero, che viene fatto dialogare con una scritturalita' scientifica, normativa o letteraria e collocato in cubi o teche di ferro, vetro, in cui i supporti della grafica e della scrittura (carta, vetro..) si contrappongono alla pesantezza dei materiali contenitivi in un gioco di pesantezza-leggerezza, che si presenta come emblema della transitorietà delle collocazioni e forme sociali.

Claudia Virginia Vitari | e' nata in Italia, a Torino nel 1978. Si è laureata nel 2004 ad Halle an der Saale, in Germania, presso l’Universita' di Arte e Design Burg Giebichenstein in pittura e grafica con il Prof. Ulrich Reimkasten. Successimamente ha seguito vari workshop sulla lavorazione del vetro in Germania, Spagna e Norvegia. Il suo lavoro si incentra sullo studio della relazione tra l’individuo e la societa' e, in particolare, i suoi ultimi progetti artistici si basano su un’analisi artistica delle istituzioni totalitarie attraverso una documentazione grafica che invita ad un confronto tra singole storie personali e analisi delle istituzioni, viste in quanto parte integrante e specchio della società.
PERCORSOGALERA (2007-2009) e' stato realizzato a Torino in collaborazione con l’Istituto penitenziario “Lorussoe Cutugno”. Le citta' invisibili (2009-2011) e' invece nato a Barcellona in collaborazione con la Associazione Culturale “Radio Nikosia” e la sponsorizzazione di Derix Glas Studios (Germania). Entrambi i progetti hanno ricevuto il contributo di “Regione Piemonte”. L’artista e' rappresentata dalla galleria “Berlin Art Projects” con sede a Berlino e Istanbul e da Raffaella De Chirico Arte Contemporanea a Torino. Attualmente vive e opera tra Torino, Barcellona e Berlino. Ha esposto in mostre personali e collettive in Germania, Italia e Spagna.

Roberto Mastroianni | e' filosofo, curatore e critico d’arte, ricercatore indipendente presso il C.I.R.Ce (Centro Interdipartimentale Ricerche sulla Comunicazione) del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Universita' degli Studi di Torino. Laureato in Filosofia Teoretica alla Facolta' di Lettere e Filosofia dell’Universita' di Torino, sotto la supervisione di Gianni Vattimo e Roberto Salizzoni, e' dottore di Ricerca in Scienze e Progetto della Comunicazione, sotto la supervisione di Ugo Volli. Si occupa di Filosofia del Linguaggio, Estetica filosofica, Teoria generale della Politica, Antropologia, Semiotica, Comunicazione, Arte e Critica filosofica. Ha curato libri di teoria della politica, scritto di filosofia e arte contemporanea e curato diverse esposizioni museali in Italia ed all'estero. Ha tenuto seminari in differenti Universita' Italiane e straniere. Per maggiori informazioni: www.robertomastroianni.net



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